Il 14 dicembre 1903 Wilbur aveva
effettuato un tentativo di volo, senza successo, ed aveva leggermente
danneggiato il Flyer, che era stato prontamente riparato per
tentare nuovamente di volare.
La sera del 16 dicembre sull'orizzonte
si stagliava minacciosa una linea nera di nuvole. Il fronte nuvoloso
avanzò velocemente e la perturbazione meteorologica colpì
Kill Devil Sand Hill, il campo dei fratelli Wright a Kitty Hawk, nel
North Carolina. La pioggia cessò verso il mattino, lasciando
fra le dune di sabbia delle pozzanghere ghiacciate. Dall'oceano continuava
a soffiare un vento di 30 miglia all'ora, che abbassava la temperatura
a 4 gradi.
La
mattina del 17 dicembre 1903, dopo aver fatto una semplice colazione ed
essersi vestiti come tutti i giorni giacca, camicia con colletto
bianco inamidato e cravatta: fu così che pilotarono il Flyer
i fratelli Wright scrutarono lungamente il cielo. Erano consapevoli
delle difficoltà del momento e non avevano nessuna certezza che
nel pomeriggio, o il giorno dopo, il tempo sarebbe migliorato. La logica
suggeriva di arrendersi e rimanere a terra, ma i Wright "dovevano"
accettare la sfida alle loro abilità di piloti lanciata dalla meteorologia
e dal nuovo aereo. Fecero quello che un pilota non dovrebbe mai fare:
sfidarono la sorte. Furono fortunati: migliaia di piloti, dopo di loro,
non lo furono altrettanto.
Poco
dopo le dieci del mattino, i Wright rischiarono ed issarono una bandiera,
il segnale convenuto con il Kitty Hawk Life Saving Crew per avvisarlo
che avevano bisogno d'aiuto per preparare l'aeroplano per il volo. Mentre
aspettavano, iniziarono a portare fuori il binario di legno ad una sessantina
di metri dall'hangar.
Nel frattempo cinque uomini John Daniels, Adam Etheridge, Will
Dough, W.C. Brinkley e Johnny Moore lasciarono un comodo edificio
ed un caldo caminetto per andare ad aiutare, nel vento gelido e sferzante,
due eccentrici personaggi che trascinavano uno strano aggeggio attraverso
la sabbia gelata. Il mondo deve essere senz'altro riconoscente verso
queste persone.
Alle 10.30 i Wright e gli altri
uomini avevano posizionato il Flyer sul binario di lancio, che
lo teneva staccato dal terreno di una ventina di centimetri. Wilbur
e Orville fecero girare le eliche e il motore si avviò scoppiettando.
Mentre il motore si riscaldava, i due fratelli stettero da soli per
un momento. Secondo uno degli uomini presenti, «non potemmo non
notare come si stringessero le mani, come due persone in procinto di
lasciarsi senza la certezza di potersi rivedere.»
Era il turno di Orville di provare
a volare, ed egli si sistemò sul Flyer. Istintivamente
fece quello che da allora ogni buon pilota ha fatto prima di decollare:
controllò il funzionamento dell'equilibratore, del timone di
direzione e del sistema di svergolamento delle ali. Mentre Orville faceva
questi controlli, Wilbur incaricò Daniels di scattare una foto
nell'istante in cui il Flyer avesse raggiunto la fine del binario.
Chiese anche alle persone presenti «di non sembrare troppo tristi,
ma di ... ridere ed incitare ed applaudire ... per cercare di sollevare
il morale di Orville mentre partiva». Wilbur stava cercando di
alleggerire la tensione.
Alle
10.35 circa, Orville mollò il cavo che lo tratteneva e la macchina
iniziò a muoversi sulla rotaia, contro un gelido vento che soffiava
a circa 27 miglia all'ora. Wilbur correva a lato dell'aeroplano. Dopo
aver percorso poco più di 12 metri (40 piedi), ossia i due terzi
della rotaia, il Flyer si sollevò in aria e tutti i presenti
gridarono d'entusiasmo. Come aveva fatto Wilbur tre giorni prima, anche
Orville sottostimò l'efficacia dell'equilibratore, e la macchina
cabrò velocemente. Altrettanto velocemente Orville contrastò
la cabrata con l'equilibratore e la macchina picchiò. Di nuovo
su, di nuovo giù, per 12 interminabili secondi, finché il
Flyer atterrò a circa 36,5 metri (120 piedi) dalla fine
della rotaia, il pilota e l'aeroplano intatti, eccetto un pattino rotto.
Per la prima volta una macchina volante aveva decollato da terra, viaggiato
in aria ed aveva atterrato sotto il controllo del suo pilota. Orville
Wright fu il primo uomo a volare con una macchina più pesante dell'aria
propulsa da un motore. Ad essere sinceri, il pilotaggio era stato ondivago
ed incerto, ma era in ogni caso pilotaggio. Orville e Wilbur erano euforici,
ma non soddisfatti.
Alle 11.20 circa fecero un secondo
volo, di poco più di 53 metri (175 piedi), con Wilbur ai comandi.
Venti
minuti più tardi Orville volò per la terza volta ed atterrò
a 61 metri (200 piedi) dal punto di partenza. Infine, a mezzogiorno, Wilbur
decollò per la quarta volta. L'inizio del volo fu più o
meno come gli altri tre. Il Flyer iniziò a ballare mentre
il pilota lottava per controllare l'equilibratore. Alla distanza di 30
metri (100 piedi) l'aeroplano "sgroppava" su e giù come
un cavallo da rodeo; a 61 metri (200 piedi) andava anche peggio. Ma dopo
circa 90 metri (300 piedi), Wilbur finalmente prese confidenza con l'equilibratore
e il Flyer cominciò a stabilizzarsi. Aveva superato il segno
dei 244 metri (800 piedi) quando l'aeroplano fu colpito da una raffica
di vento e ricominciò il suo volo selvaggio. Wilbur lottò
con esso per pochi secondi, cercando di riprendere il controllo, quando
il Flyer «precipitò improvvisamente al suolo»,
secondo le parole di Orville. Il
velivolo atterrò a quasi 260 metri (852 piedi) di distanza dal
punto di partenza, dopo un volo durato 59 secondi. Il brusco atterraggio
ruppe i pattini ed i supporti dell'equilibratore frontale, ma tutto il
resto era intatto. Wilbur e Orville erano soddisfatti: il Flyer
aveva volato, loro avevano volato, senza dubbi, grazie a ques'ultimo prolungato
sforzo.
Trasportando l'aeroplano verso
il punto di lancio, gli uomini discussero sulla possibilità di
riparare l'equilibratore e di fare un volo ancora più lungo.
Sfortunatamente, appena appoggiarono la macchina a terra, per riposarsi,
un'improvvisa raffica di vento sollevò un'ala. Daniels afferrò
un montante al volo e rimase imbrigliato dalle controventature, mentre
la macchina girava su se stessa più e più volte. Quando
si fermò, il velivolo era completamente danneggiato e ridotto
ad un mucchio di legna da ardere e di tela strappata: non poteva essere
fatta nessuna riparazione immediata. Daniels, fortunatamente, non si
fece neppure un graffio. I voli a Kitty Hawk furono interrotti e la
macchina danneggiata fu rispedita a Dayton. Il Flyer, il primo
vero aeroplano al mondo, non avrebbe mai più volato.
Johnny Moore comunicò la
novità alla gente di Kitty Hawk, correndo verso il villaggio
e gridando: «L'hanno fatto! L'hanno fatto! Ch'io sia dannato se
non hanno volato.» I
Wright, che erano più composti, pranzarono e poi si recarono a
piedi fino all'Ufficio meteorologico di Kitty Hawk per spedire il seguente
telegramma al padre, a Dayton:
«SUCCESSO QUATTRO VOLI GIOVEDÌ MATTINA TUTTI CONTRO VENTO
VENTUNO MIGLIA PARTITI SUOLO SOLO FORZA MOTORE VELOCITÀ MEDIA
ARIA TRENTUNO MIGLIA MAGGIORE 57 SECONDI INFORMA STAMPA NATALE CASA.
OREVELLE WRIGHT».
Se il fatto che Daniels sia uscito
indenne dal grave incidente che distrusse il Flyer ha del miracoloso,
ancora più fantastico è il fatto che il Flyer sia
riuscito a volare.
Molto tempo dopo il volo di Kitty Hawk, gli ingegneri aeronautici hanno
analizzato le caratteristiche di volo del Flyer e hanno scoperto
che l'equilibratore, eccessivamente sensibile, lo rendeva quasi incontrollabile.
Una simulazione col computer mostrò che il pilota aveva bisogno
dei riflessi di un atleta professionista per tenere il velivolo in aria.
Sotto tutti gli aspetti, i fratelli Wright erano dei piloti meravigliosi.